Tacito é con noi (14)

Tacito è con noi (14)

Termina il racconto della Congiura dei Pisoni, una vicenda raccapricciante e sanguinosa. Dal link qui di seguito, http://www.ilgrandeinquisitore.it/2018/06/tacito-e-con-noi-13/), si può risalire-a ritroso-agli altri articoli. La serie continuerà con altre pagine da Tacito. Ma …ogni cosa a suo tempo!

Busto di Adriano Musei Capitolini

Busto di Adriano Musei Capitolini

 

 

[72] Quibus perpetratis Nero et contione militum habita bina nummum milia viritim manipularibus divisit addiditque sine pretio frumentum. quo ante ex modo annonae utebantur. tum quasi gesta bello expositurus, vocat senatum et triumphale decus Petronio Turpi[li]ano consulari, Cocceio Nervae praetori designato, Tigellino praefecto praetorii tribuit, Tigellinum et Nervam ita extollens, ut super triumphales in foro imagines apud Palatium quoque effigies eorum sisteret. consularia insignia Nymphidio [Sabino decrecta, de quo] qu[i]a nunc primum oblatus est, pauca repetam: nam et ipse pars Romanarum cladium erit. igitur matre libertine ortus, quae corpus decorum inter servos libertosque principum vulgaverat, ex C. Caesare se genitum ferebat, quoniam forte quadam habitu procerus et torvo vultu erat, sive C. Caesar, scortorum quoque cupiens, etiam matri eius inlusit. * * *
Perpetrate queste nefandezze, Nerone convoca i militari (i pretoriani) e distribuisce duemila sesterzi per ognuno, con-in aggiunta- una distribuzione gratuita di frumento, che essi ottenevano al prezzo di mercato. Convoca il senato, come se dovesse esporre imprese belliche, e concede onoranze trionfali al consolare Petronio Turpiliano, al pretore designato Cocceio Nerva (il futuro Imperatore, NdT); al prefetto del pretorio Tigellino. Esalta Nerva e Tigellino fino a far collocare le loro statue nel Palatino, oltre alle loro immagini trionfali nel Foro. Le insegne di Console furono concesse a Ninfidio, di cui tratterò brevemente, non avendolo fatto finora, perché sarà una delle sciagure di Roma. Nata da madre libertina, che aveva prostituito il proprio corpo bellissimo ai servi e ai liberti imperiali, pretendeva di essere figlio di Caligola, perché -per caso- come quello, aveva alta statura e aspetto torvo. A meno che Gaio Cesare (Caligola), che concupiva anche le prostitute, avesse posseduto anche la madre di lui (Ninfidio, NdT) .

Statua_colossale_di_divinita_femminile_testa

Statua_colossale_di_divinita_femminile_testa

[73] Sed Nero [vocato senatu], oratione inter patres habita, edictum apud populum et conlata in libros indicia confessionesque damnatorum adiunxit. etenim crebro vulgi rumore lacerabatur, tamquam viros [claros] et insontes ob invidiam aut metum extinxisset. ceterum coeptam adultamque et revictam coniurationem neque tunc dubitavere, quibus verum noscendi cura erat, et fatentur, qui post interitum Neronis in urbem regressi sunt. at in senatu cunctis, ut cuique plurimum maeroris, in adulationem demissis, Iunium Gallionem, Senecae fratris morte pavidum et pro sua incolumitate supplicem, increpuit Salienus Clemens, hostem et parricidam vocans, donec consensu patrum deterritus est, ne publicis malis abuti ad occasionem privati odii videretur, neu compostia aut obliterata mansuetudine principis novam ad saevitiam retraheret.
 Ma Nerone convoca il Senato, e tiene un discorso. Inoltre pubblica un editto e un elenco delle accuse mosse ai condannati, e delle loro confessioni, perché la voce del popolo continuava ad accusarlo di aver ucciso -per odio o per paura- uomini illustri e senza colpe. Del resto, che una congiura fosse stata ordita, portata avanti e quindi sconfitta, non era messo in dubbio da quelli che indagavano per stabilire la verità. E lo confermarono anche coloro che tornarono a Roma, dopo la morte di Nerone. In Senato, mentre tutti si abbassavano all’adulazione, anche quelli per i quali il lutto era più grave, Salieno Clemente rimproverò a gran voce Giunio Gallione che, impaurito dalla morte del fratello Seneca, implorava per sé la clemenza, e lo chiamò nemico pubblico e parricida, finché i senatori unanimi lo distolsero dal sembrare sfruttatore delle sciagure pubbliche, a vantaggio di privati rancori, e dal rivangarli, perché provocassero nuove sofferenze degli eventi ormai chiusi e dimenticati, grazie alla clemenza dell’Imperatore.

Statua dedicata a Seneca; Cordova (Spagna)

Statua dedicata a Seneca; Cordova (Spagna)

[74] Tum [decreta] dona et grates deis decernuntur, propriusque honos Soli, cum est vetus aedes apud circum, in quo facinus parabatur, qui occulta coniurationis [suo] numine retexisset; utque circensium Cerialium ludicrum pluribus equorum cursibus celebraretur mensisque Aprilis Neronis cognomentum acciperet; templum Saluti exstrueretur eius loco, ex quo Scaevinus ferrum prompserat. ipse eum pugionem apud Capitolium sacravit inscripsitque Iovi Vindici, [quod] in praesens haud animadversum post arma Iulii Vindicis ad auspicium et praesagium futurae ultionis trahebatur. reperio in commentariis senatus Cerialem Anicium consulem designatum pro sententia dixisse, ut templum divo Neroni quam maturrime publica pecunia poneretur. quod quidem ille decernebat tamquam mortale fastigium egresso et venerationem hominum merito, [sed ipse prohibuit, ne interpretatione] quorundam ad omen [dolum] sui exitus verteretur: nam deum honor principi non ante habetur, quam agere inter homines desierit.
 Poscia si decretano offerte e azioni di ringraziamento agli dei, e una cerimonia speciale in onore del Sole, a cui è consacrato un vecchio tempio nei pressi del circo, tempio presso cui avrebbe dovuto avvenire il delitto, e che col suo divino potere aveva svelato il segreto della congiura. Si stabilì anche che i giochi del circo in onore di Cerere si celebrassero con un maggior numero di corse equestri; che il mese di Aprile prendesse il nome di Nerone; che fosse innalzato anche un tempio alla Salute in quel luogo, dove Scevino aveva preso il pugnale.Nerone consacrò personalmente l’arma in Campidoglio e la dedicò a Giove Vendicatore, atto che allora sfuggì all’attenzione, ma più tardi-dopo l’insurrezione di Giulio Vindice- fu interpretato come presagio e augurio della vendetta. Dagli Atti del senato apprendo che il console designato Ceriale Anicio, richiesto di un parere, propose di edificare -il più celermente possibile- e con pubblico denaro, un tempio al divo Nerone. Certamente intendeva offrire tale omaggio a chi aveva superato il livello mortale, meritando il culto degli uomini. Ma Nerone respinse l’offerta, perché da qualcuno non venisse interpretata come un infausto auspicio per lui. Gli onori divini si rendono a un Imperatore, solo quando egli ha cessato di vivere tra gli uomini.

Festività Romana (Museo del Louvre)

Festività Romana (Museo del Louvre)

 

 

                     Fine della Quattordicesima Parte                       

                            Continua

 

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