Tacito é con noi (10)

Tacito è con noi (10)

   Continuano gli articoli sulla Congiura dei Pisoni, ai quali si può accedere dal link (http://www.ilgrandeinquisitore.it/2018/06/tacito-e-con-noi-9/) e andando a ritroso, risalire a tutti gli altri. In questo decimo articolo, è descritta la morte di Lucio Anneo Seneca. Le pagine di Tacito sono memorabili per precisione, rigore, e commozione. Lo Storico, ne descrive la morte come molto simile a quella di Socrate, che troviamo nelle pagine sublimi di Platone: “Apologia di Socrate” (http://www.liber-rebil.it/wp-content/uploads/2011/09/PLATONE-Apologia_di_Socrate.pdf). Nel paragrafo 63, l’Autore ci comunica di essere a conoscenza dell’esistenza di un “Diario” dettato da Seneca in punto di morte, diario che quindi Tacito aveva letto, ma che non ci è pervenuto.

Lucio Anneo Seneca-Prado (Madrid)

Lucio Anneo Seneca-Prado (Madrid)

[63] Ubi haec atque talia velut in commune disseruit, complectitur uxorem, et paululum adversus praesentem fortitudinem mollitus rogat oratque temperaret dolori [neu] aeternum susciperet, sed in contemplatione vitae per virtutem actae desiderium mariti solaciis honestis toleraret. illa contra sibi quoque destinatam mortem adseverat manumque percussoris exposcit. tum Seneca gloriae eius non adversus, simul amore, ne sibi unice dilectam ad iniurias relinqueret, “vitae” inquit “delenimenta monstraveram tibi, tu mortis decus mavis: non invidebo exemplo. sit huius tam fortis exitus constantia penes utrosque par, claritudinis plus in tuo fine.” post quae eodem ictu brachia ferro exsolvunt. Seneca, quoniam senile corpus et parco victu tenuatum lenta effugia sanguini praebebat, crurum quoque et poplitum venas abrumpit; saevisque cruciatibus defessus, ne dolore suo animum uxoris infringeret atque ipse visendo eius tormenta ad impatientiam delaberetur, suadet in aliud cubiculum abscedere. et novissimo quoque momento suppeditante eloquentia advocatis scriptoribus pleraque tradidit, quae in vulgus edita eius verbis invertere supersedeo.
Dette tali cose e altre simili, rivolgendosi a tutti i presenti, commovendosi alquanto, in contrasto con la forza d’animo fino ad allora dimostrata, abbracciò la moglie, la pregò e scongiurò di moderare la propria angoscia e di farlo per sempre, e (la pregò) di cercare conforto al rimpianto del marito, ripensandone la vita trascorsa virtuosamente. Ma Paolina risponde che anche lei deve morire, e invoca la mano del carnefice. Allora Seneca, non volendole precludere la gloria e spinto al contempo dall’amore a non lasciare esposta agli insulti la donna che unicamente amava, disse:” Ti avevo mostrato le consolazioni della vita, ma tu preferisci il decoro della morte, e non sarò io ad impedirti di dare un tale esempio. In questo crudele momento, sia pari tra noi la fermezza, ma di più risplenda la tua fama “. Dopodiché, entrambi si tagliano le vene del braccio. Seneca, poiché il suo corpo senile, indebolito dalla frugalità, non consentiva il rapido deflusso del sangue, si fa aprire anche le vene delle gambe e delle ginocchia. Stravolto per le atroci sofferenze, perché le proprie atroci sofferenze non togliessero coraggio alla moglie, e perché egli stesso non si perdesse d’animo vedendo le sofferenze di lei, la convinse ad andare in un’altra stanza. E non mancandogli l’eloquenza neanche in quel momento supremo, chiamò a sé gli Scribi e dettò loro molte cose che io non riferirò, perché sono stati divulgati con le sue stesse parole.

Statua dedicata a Seneca; Cordova (Spagna)

Statua dedicata a Seneca; Cordova (Spagna)

 

 

 

[64] At Nero nullo in Paulinam proprio odio, ac ne glisceret invidia crudelitas, [iubet] inhiberi mortem. hortantibus militibus servi libertique obligant brachia, premunt sanguinem, incertum an ignarae. nam, ut est vulgus ad deteriora promptum, non defuere qui crederent, donec implacabilem Neronem timuerit, famam sociatae cum marito mortis petivisse, deinde oblata mitiore spe blandimentis vitae evictam; cui addidit paucos postea annos, laudabili in maritum memoria et ore ac membris in eum pallorem albentibus, ut ostentui esset multum vitalis spiritus egestum.  Seneca interim, durante tractu et lentitudine mortis, Statium Annaeum, diu sibi amicitiae fide et arte medicinae probatum, orat provisum pridem venenum, quo d[am]nati publico Atheniensium iudicio exstinguerentur, promeret; adlatumque hausit frustra, frigidus iam artus et cluso corpore adversum vim veneni. postremo stagnum calidae aquae introiit, respergens proximos servorum addita voce libare se liquorem illum Iovi liberatori. exim balneo inlatus et vapore eius exanimatus, sine ullo funeris sollemni crematur. ita codicillis praescripserat, cum etiam tum praedives et praepotens supremis suis consuleret.
 Ma Nerone non aveva alcun odio contro Paolina, e non voleva eccitare il malcontento contro la propria ferocia, e ordina di risparmiarle la morte. Su esortazione dei soldati, servi e liberti le chiudono le vene, comprimendo il sangue. Ignoro se ella fosse conscia o no. Infatti, poiché il volgo è sempre prono alle interpretazioni meno benevole, non mancarono quelli che credettero che ella avesse sollecitato di morire col marito, finché temette che Nerone fosse implacabile. E che, conquistata dalla speranza, fu vinta dalle lusinghe della vita, alla quale-tuttavia- aggiunse pochi anni, encomiabile per fedeltà al ricordo del marito, e così pallida nel volto e nel corpo, come a dimostrare di aver già esalato molta parte del proprio soffio vitale.

Busto di Tacito

Busto di Tacito

 

[65] Fama fuit Subrium Flavum cum centurionibus occulto consilio, neque tamen ignorante Seneca, destinavisse, ut post occisum opera Pisonis Neronem Piso quoque interficeretur tradereturque imperium Senecae, quasi insonti et claritudine virtutum ad summum fastigium delecto. quin et verba Flavi vulgabantur, non referre dedecori, si citharoedus demoveretur et tragoedus succederet (quia ut Nero cithara, ita Piso tragico ornatu canebat).
Si disse che Subrio Flavo segretamente si fosse accordato con i centurioni- non però all’insaputa di Seneca- che dopo l’uccisione di Nerone per mano di Pisone, questi fosse egli stesso ucciso, e che l’Impero fosse affidato a Seneca, in quanto uomo specchiato, designato alla dignità suprema per il prestigio e le virtù. Venivano citate anche le parole di Flavo, secondo il quale non si poteva rimediare al disonore rimovendo un guitto e sostituendolo con un attore tragico (infatti, se Nerone si accompagnava con la cetra, lo stesso Pisone cantava in costume e maschera da attore tragico.

Messalina, moglie di Claudio

Messalina, moglie di Claudio

Fine Decima Parte

Continua

 

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