Ma Epicuro, era epicureo?

Presentazione:

Epicuro, figlio di Neocle, nacque nell’isola di Samo, nel gennaio ( o febbraio) nel 341 a.C., e lì passò la giovinezza. Cominciò ad occuparsi di filosofia all’età di 14 anni, ascoltando in loco le lezioni del platonico Panfilo e, successivamente, del democriteo (atomista) Nausifone, dal quale fu iniziato alla dottrina di Democrito.    All’età di 18 anni, si trasferì ad Atene, e qui iniziò la propria carriera di maestro, che proseguì dal 309 a Mitilene, e quindi a Lampaco. Tornò defininitaivamente ad Atene, dove rimase fino alla morte.   La scuole di Epicuro aveva sede nel “kepos” (giardino) , e i discepoli erano perciò chiamati i “filosofi del giardino”.
Il Nostro scrisse circa 300 opere, delle quali ci sono rimaste:
1) Tramandate da Diogene Laerzio:
A) “ Tre Lettere” :
a) Ad Erodoto, sulla Fisica;
b) a Meneceo, sull’Etica;
c) a Pitòcle, di attribuzione controversa, sulla meteorologia;

B) “ Massime Capitali” ;

C) “Testamento”.

2) “Gnomologium Vaticanum” (“Sentenze”), da cui è tratto il materiale che qui presentiamo;

 

3) “ Sulla Natura” ( ΠερίΦύϭεωσ) , Frammenti, nei papiri Ercolanesi.

 

 

L'isola di Samo, patria di Epicuro, Pitagora & Aristarco

L’isola di Samo, patria di Epicuro, Pitagora & Aristarco

 

 

4. Facilmente disprezzabile è ogni dolore: quello che ha forte la pena, ha durata breve; quello che dura nel corpo, ha blanda la pena.

7. E’ difficile per chi commette ingiustizia, restare nascosto; averne poi sicura fiducia, è impossibile.

8. La necessità è un male; ma non c’è alcuna necessità di vivere nella necessità.

14. Si nasce una sola volta, due volte non è concesso, ed è necessario non essere più in eterno; tu, pur non essendo padrone del tuo domani, procrastini la gioia, ma la vita trascorre in questo indugio e ciascuno di noi muore senza aver goduto mai della pace.

15. Le nostre abitudini, come cose a noi proprie, le apprezziamo, siano o no buone e invidiate dagli altri; altrettanto bisogna fare con quelle del nostro prossimo, es esso è ammodo.

16. Nessuno, vedendo il male, lo preferisce, ma ne rimane ingannato, come se fosse un bene rispetto a un male peggiore.

17. Non il giovane è felice, ma il vecchio che ha vissuto una vita bella; perché il giovane nel fiore dell’età è mutevole ludibrio della sorte; il vecchio  giunse alla vecchiezza come a tranquillo porto, e di tutti i beni che aveva con dubbio sperato, ora ha tranquillo possesso nella tranquilla gioia del ricordo.

18. Se si toglie la vista, il conversare, la vicinanza continua, si distrugge la passione d’amore.

19. Chi è dimentico del bene passato, è già vecchio oggi.

23. Ogni amicizia è per se stessa desiderabile, pure trae origine dall’utilità.

24. I sogni non hanno natura divina né potere divinatore, ma provengono da afflusso di simulacri.

25. La povertà commisurata al bene secondo natura, è ricchezza; la ricchezza senza misura è grande povertà.

26. Bisogna essere convinti che il lungo e il breve discorso tendono allo stesso scopo.

27. Nelle altre occupazioni a mala pena, una volta compiute, giunge il frutto; nella filosofia, invece, la gioia si accompagna al conoscere: non infatti dopo l’apprendere, il piacere, ma insieme l’apprendere e i piacere.

 

31. Nei confronti di tutto il resto è possibile procacciarsi sicurezza, ma a causa della morte noi tutti abitiamo una città senza mura.

32. La venerazione del saggio è gran bene per chi lo venera.

34. Non abbiamo tanto bisogno dell’aiuto dei nostri amici, quanto della fiducia nel loro aiuto.

39. Non è amico né chi sempre cerca l’utile, né chi mai lo congiunge all’amicizia: l’uno fa commercio col sentimento della riconoscenza, l’altro uccide la speranza per il futuro.

43. Desidera il denaro contro giustizia è empio, secondo giustizia è brutto: è sconveniente infatti risparmiare sordidamente anche rispettando la giustizia.

53. Nessuno si deve invidiare; i buoni non lo meritano, i cattivi quanto più hanno fortuna, tanto più danneggiano se stessi.

60. Ognuno lascia la vita come se l’avesse cominciata allora.

68. Niente basta per colui, per il quale è poco ciò che basta.
70. Non fare nulla nella tua vita che possa procurarti paura nel caso che tu sia conosciuto dal prossimo.

77. Il più grande frutto del bastare a se stessi è la libertà.

79. L’uomo sereno procura serenità a se stesso e agli altri.
81. Non libera dal turbamento dell’anima né procura vera gioia dello spirito né l’esistenza dei più grandi beni né l’onore e la considerazione presso la folla né alcun altra cosa che dipenda dai principi causali che non hanno limiti ben determinati.

 

Per chi conosce il Greco, vada al link seguente: 2014-040 Epistula ad Menoeceum (-Lettera a Meneceo); e per le

-“Massime capitali” , vada la link seguente: 2014-041 kyriai_doxai

Per l’edizione integrale, con testo greco a fronte, a cura di Graziano Arrighetti,  delle “Opere” di Epicuro, vai al link: Opere , Giulio Einaudi Editore – 1973.

 

 

Conclusioni:   

Oggi, dire Epicureo è come dire “Edonismo reaganiano”, secondo al felice e geniale invenzione del geniale Roberto D’Agostino, in una trasmissione televisiva dal titolo “Quelli della notte” (1985). Ma evidentemente il pensiero di Epicuro non è affatto il precursore dell’edonismo reaganiano, come si può constatare dal materiale che qui abbiamo presentato. Insomma, per non farla troppo lunga, neanche Epicuro era “epicureo”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *