De Bello Gallico

 

Gallia, Germania, Britannia : non c'è due, senza tre.

Gallia, Germania, Britannia : non c’è due, senza tre.

Caio Giulio Cesare (100-44 a.C.), nel 59 fu eletto console.  Si trovò subito in dissenso con il Senato, sulla forma dello Stato, che Cesare voleva più centralizzato, e perché  il Senato aveva censurato Cesare sullo ” jus provocationis “, cioè il diritto dei catilinari a proporre appello, dopo il fallimento della cosiddetta “congiura di Catilina”. Cesare capì che, con il braccio di ferro permanente, avrebbe perso, e cercò l’alleanza di Gneo Pompeo Magno (106-48 a.C.) (vai al link : http://www.treccani.it/enciclopedia/gneo-pompeo-magno_(Enciclopedia-Italiana); e Marco Licinio Crasso (114 – 53 a.C.)(vai al link: http://www.treccani.it/enciclopedia/marco-licinio-crasso). Pompeo era un grande militare, all’epoca emarginato; il secondo, un militare, e poi uomo d’affari, sempre nella necessità di non avere ostili i legislatori;

Roma, nel 58 a.C.

Roma, nel 58 a.C

Cesare, con la lex Vatinia, (vai link: http://www.treccani.it/enciclopedia/leggi-pompeie_(Enciclopedia_Italiana), ottenne un proconsolato di 5 anni, prima nella Gallia Cisalpina, e poi anche nella Gallia Transalpina, e l’Illirico;

Mappa del De Bello Gallico

Mappa del De Bello Gallico

Il Senato approvò, pensando all’incarico come ad un “promoveatur, ut amoveatur”, nella convinzione che Cesare avrebbe ottenuto una mezza vittoria, e quindi una mezza sconfitta (che era che ciò che più interessava ai Senatori), perché la situazione nelle Gallie era di fatto fuori controllo;

Contra Belgos

Contra Belgos

Cesare, invece, dimostrandosi il più grande (o uno dei più grandi) genio politico-militare della Storia, estese i confini di Roma, dall’Oceano Indiano (all’Estremo Oriente del mondo allora conosciuto), all’Oceano Atlantico, cioè all’Estremo Settentrione, perché conquistò la Gallia e, primo e unico nella Storia, invase e conquistò le Isole Britanniche, fino al Vallo di Adriano: frontiera che Cesare costruì. Infatti, al di sopra del Vallo, c’erano le “Higlands” (Scozia), dal clima troppo inclemente, e dalla conformazione geografica troppo frastagliata, perché vi si  potesse esercitare un adeguato controllo politico-militare;

 

Contra Helvetios

Contra Helvetios

Il “De Bello Gallico”, chiamato anche “Commentarii de Bello Gallico” sono rendiconti delle imprese compiute, rendiconti destinati agli archivi, cioè con finalità documentaria. In lingua moderna, diremmo,che erano “Relazioni” sugli incarichi ricevuti dal Senato, e inviati all’Archivio di Stato. Qual  è la qualità letteraria del “De Bello Gallico”?
Sentiamo Cicerone, che non era certo amico di Cesare:
“ Scrisse (Cesare) anche dei Commentari che si devono assolutamente ammirare: nudi, scarni e belli, spogliati di qualsivoglia ornamento oratorio, come un corpo dalla sua veste. Ma, mentre volle offrire ad altri il materiale per scrivere la storia, forse fece opera grata agli inetti che tale materiale vorranno abbellire con fronzoli artificiosi, ma distolse i sani di mente dallo scrivere” ( Bruto, 262)

Liber IV :VIII: Ad haec Caesar quae visum est respondit; sed exitus fuit orationis: sibi nullam cum iis amicitiam esse posse, si in Gallia remanerent; neque verum esse, qui suos fines tueri non potuerint alienos occupare; neque ullos in Gallia vacare agros qui dari tantae praesertim multitudini sine iniuria possint; sed licere, si velint, in Ubiorum finibus considere, quorum sint legati apud se et de Sueborum iniuriis querantur et a se auxilium petant: hoc se Ubiis imperaturus. (Mia Traduzione: Cesare rispose a tutto ciò, e le sue conclusioni furono queste : – che non potesse esserci amicizia tra lui e i Germani, se questi rimanevano in Gallia; – né era giusto che chi non aveva saputo difendere le proprie terre, occupasse quelle altrui; – che non c’era in Gallia alcun territorio che si potesse assegnare ad altri, e in particolare a una popolazione così numerosa; – era possibile, se accettavano, sistemarsi nelle terre degli Ubii, i cui ambasciatori erano presso di lui, e si lamentavano delle violenze degli Svevi, e chiedevano aiuto ; – ma egli (Cesare) avrebbe ordinato agli Ubii di accoglierli). 

 

 

IX: Legati haec se ad suos relaturos dixerunt et re deliberata post diem tertium ad Caesarem reversuros: interea ne propius se castra moveret petierunt. Ne id quidem Caesar ab se impetrari posse dixit. Cognoverat enim magnam partem equitatus ab iis aliquot diebus ante praedandi frumentandi causa ad Ambivaritos trans Mosam missam: hos expectari equites atque eius rei causa moram interponi arbitrabatur. (c.s.: Gli ambasciatori (degli Svevi) dissero che avrebbero riferito queste cose alla propria gente, e che sarebbero tornati dopo tre giorni, avendo deliberato al riguardo. Però gli ( a Cesare) chiesero di non muoversi dall’accampamento. Cesare rispose di non poter concedere neanche questo. Era infatti venuto a sapere che gran parte della loro cavalleria era stata mandata nella terra degli Ambivariti a far preda e a procurare frumento; credeva dunque che i Germani aspettassero il ritorno di quei cavalieri, e che perciò cercassero di ottenere una tregua).

XIX: Caesar paucos dies in eorum finibus moratus, omnibus vicis aedificiisque incensis frumentisque succisis, se in fines Ubiorum recepit atque his auxilium suum pollicitus, si a Suebis premerentur, haec ab iis cognovit: Suebos, postea quam per exploratores pontem fieri comperissent, more suo concilio habito nuntios in omnes partes dimisisse, uti de oppidis demigrarent, liberos, uxores suaque omnia in silvis deponerent atque omnes qui arma ferre possent unum in locum convenirent. Hunc esse delectum medium fere regionum earum quas Suebi obtinerent; hic Romanorum adventum expectare atque ibi decertare constituisse. Quod ubi Caesar comperit, omnibus iis rebus confectis, quarum rerum causa exercitum traducere constituerat, ut Germanis metum iniceret, ut Sugambros ulcisceretur, ut Ubios obsidione liberaret, diebus omnino XVIII trans Rhenum consumptis, satis et ad laudem et ad utilitatem profectum arbitratus se in Galliam recepit pontemque rescidit. (c.s. : Cesare si trattenne pochi giorni nelle loro (degli Svevi) terre incendiando tutti i villaggi e le costruzioni isolate, e distruggendo i raccolti di grano; poi andò dagli Ubii e, promesso il suo aiuto, se fossero stati attaccati dagli Svevi, venne a sapere da loro quanto segue: – che gli Svevi, avendo saputo dalle loro spie, della costruzione del ponte (è il ponte che Cesare ha fatto costruire, per l’attraversamento del fiume Reno), avendo tenuto consiglio, avevano mandato messi in tutte le direzioni per invitare i vari popoli ad uscire dalle città, porre in salvo i bambini e tutti i loro averi nelle selve, radunare tutti gli uomini adatti alla guerra in uno stesso luogo, scelto al centro delle terre sotto il loro (degli Svevi)  controllo; – lì avrebbero atteso i Romani, e lì avrebbero combattuto; –  saputo ciò, Cesare giudicò di aver raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissi quando aveva fatto attraversare il Reno dal proprio esercito: incutere paura ai Germani, punire i Sigambri, aiutare gli Ubii, e – dopo aver trascorso 18 giorni in Germania, ritenendo di aver fatto abbastanza per la propria gloria, e per le sorti di Roma, ritornò in Gallia, e quindi fece distruggere il ponte).

 

 

XX: Exigua parte aestatis reliqua Caesar, etsi in his locis, quod omnis Gallia ad septentriones vergit, maturae sunt hiemes, tamen in Britanniam proficisci contendit, quod omnibus fere Gallicis bellis hostibus nostris inde subministrata auxilia intellegebat, et si tempus anni ad bellum gerendum deficeret, tamen magno sibi usui fore arbitrabatur, si modo insulam adiisset, genus hominum perspexisset, loca, portus, aditus cognovisset; quae omnia fere Gallis erant incognita. Neque enim temere praeter mercatores illo adit quisquam, neque his ipsis quicquam praeter oram maritimam atque eas regiones quae sunt contra Galliam notum est.    Itaque vocatis ad se undique mercatoribus, neque quanta esset insulae magnitudo neque quae aut quantae nationes incolerent, neque quem usum belli haberent aut quibus institutis uterentur, neque qui essent ad maiorem navium multitudinem idonei portus reperire poterat.
(c.s.:Nel breve periodo che ancora restava -in quei luoghi, l’inverno arriva molto presto, perché tutta la Gallia si estende verso Nord- Cesare decise di partire per la Britannia per aveva capito che i nostri nemici ne avevano ricevuto aiuti in quasi tutte le guerre galliche ed era convinto che, anche se non avesse avuto il tempo per fare una guerra, sarebbe stato per lui proficuo avvicinarsi all’isola, conoscere il carattere di quegli uomini, imparare l’ubicazione dei porti e degli approdi; cose che a tutti i Galli erano sconosciute. Infatti, solo i mercanti hanno il coraggio di andare fin là, ma anche questi conoscono solo zona costiera e le regioni che sono di fronte alla Gallia. Benché Cesare avesse radunato da ogni parte i mercanti, non riusciva ad averne alcuna informazione sulla grandezza dell’isola, sul nome e numero degli indigeni, sui costumi, sui loro metodi di guerra, né poteva sapere quali fossero i porti in grado di accogliere un gran numero di navi).

 


 Alessandro Magno probabilmente lasciò dei commentari delle proprie imprese, ma non ci sono arrivati. Napoleone Bonaparte pensò di scriverli, una volta a Sant’Elena, ma li avrebbe scritto da sconfitto, e desistette. A ciò probabilmente allude Manzoni nell’ode “ Il 5 Maggio “:
“…Oh quante volte ai posteri/ narrar se stesso imprese,/e sull’eterne pagine/ cadde la stanca man!…”/
Per il testo completo de “Il 5 Maggio”,  vai al link:  http://www.liberliber.it/mediateca/libri/m/manzoni/il_cinque_maggio/html/c_maggio.htm

 


 Caio Giulio Cesare è l’unico dei tre grandi condottieri della Storia, di cui ci siano pervenuti i commentari :
1) “De Bello Gallico”, per il cui testo completo, in latino, vai al link: http://www.gutenberg.org/files/218/218-h/218-h.htm;

2)  “De Bello civili” è il resoconto sulla guerra civile tra Cesare da una parte, e Pompeo/Senato dall’altra, ma è un altro capitolo, e ne riparleremo in altra occasione;

I brani presentati sono stati scelti per i motivi seguenti:
–  Paragrafo VIII, Cesare rimprovera gli Svevi perché, avendo abbandonato le proprie terre, pretendono di occupare quelle altrui. Ecco la frase precisa di Cesare: “…né era giusto che chi non aveva saputo difendere le proprie terre, occupasse quelle altrui…”. Giudichino i lettori, se questo ammonimento di Cesare sia attuale, nella nostra epoca, in cui sembra essere scomparso il concetto di patria, e mi fermo qui, perché il concetto da Cesare è molto preciso!

–  Paragrafo X, Cesare illustra come le cose di questo mondo si debbano condurre con discernimento, e in condizioni di parità: se tu mi hai mentito una volta, io ho il diritto di premunirmi contro una tua eventuale ulteriore menzogna!

–  Paragrafo XIX: Cesare, stanco delle sortite dei Germani, al di qua del Reno, per due vote entra in territorio Svevo, dopo aver fatto costruire, con geniale ingegno ingegneristico, un ponte sul Reno. Ottenuto lo scopo di dissuadere gli Svevi e gli Germani dall’intromettersi nella guerra gallica, Cesare lascia sua sponte il territorio dei Germani e , fatto distruggere il ponte, torna in Gallia. Un grande generale sa quali sono gli obiettivi della propria guerra, e non li supera mai !

Paragrafo XX: descrive l’approccio di Cesare alla conquista della Britannia, motivata dall’aiuto che i Britanni continuavano a fornire ai Galli, in tutte le loro azioni anti-romane. Insomma, Cesare vuole dimostrare che “gli amici dei miei nemici, sono miei nemici” . Leggendo tutta la parte che l’Autore dedica allo sbarco in Britannia, si capisce perché ancora oggi Cesare sia stato l’unico capace, nella Storia, di conquistare quell’isola!

 

4 thoughts on “De Bello Gallico

  1. Anna Patella
    27 marzo 2015 at 15:46

    I “Commentarii” avevano per destinatario soprattutto il Senato; sul capo di Cesare pesava l’accusa di aver combattuto in Gallia per fondare il suo potere personale e non per Roma ; con i fatti e le azioni riportate, egli intendeva dimostrare che aveva agito secondo il diritto di guerra romano. (populares versus optimates)
    Gli studiosi hanno discusso se quella di Cesare fosse o no una “storiografia di parte”, di chi aveva deciso e valutato di volta in volta il da farsi, con qualche artificio, i quali non compromettono la veridicità dei fatti narrati.
    Ampia la parte iconografica.

    1. Vito Patella
      28 marzo 2015 at 8:23

      Secondo Mommsen, padre di tutti gli storici, Cesare è stato il più grande personaggio storico, in politica e nell’arte della guerra; e in più, uno dei più grandi scrittori di sempre. Ogni uomo è di parte, e quindi le critiche a Cesare, basate sul solito sillogismo da poveracci:”Tu sei sempre di parte, e io…no”, dunque, quel sillogismo gaglioffo, lascia il tempo che trova. Chi non è di parte? Dio, che è l’Essere!

      1. Anna Patella
        28 marzo 2015 at 9:47

        Non c’è valenza negativa nell’affermazione “storiografia di parte” , anzi connota di forte personalità il dux e il politico. L’opera deve essere letta come racconto oggettivo, come era nel genere dei “Commentarii” della tradizione storiografica romana o l’autore interviene su di essa per giustificare la sua posizione nei confronti di chi lo accusava ? C’è una visione bellica e politica di ampio respiro e Cesare voleva raccontare la “sua” guerra e con essa esporre le sue ragioni. Il contesto politico complesso della metà del I sec. a.C. lo esigeva.

        1. Vito Patella
          28 marzo 2015 at 16:08

          “L’omicidio di Caio Giulio Cesare è l’atto più stupido della Storia” (Goethe). La storiografia à la carte, come le pulci saltano sulle spalle dei giganti, esamina i fatti del passato con la logica punitiva del ” come doveva essere”. La Storia, invece, deve valutare se un fatto è stato positivo o negativo, cioè se ha portato a una situazione migliore o peggiore di quella precedente. Senza Cesare, non ci sarebbe lo Jus Romanum, e saremmo ancora ai calendari lunari!

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