La fabbrica del consenso (IV) -Fine

La Fabbrica del Consenso

Quarta e ultima parte dell’articolo “Atene e Mitilene”(III:37-48). Vi sono riportati i discorsi di Cleone e Diodoto, dei quali si è già scritto nelle prime tre parti. Tucidide usa i discorsi per trattare problemi di metodo e Filosofia della Storia. Anche in questo caso, l’Autore utilizza le argomentazioni contrapposte dei due oratori, per trattare i problemi di carattere metodologico.

Lesbo (Grecia) : Cappella Ortodossa

Lesbo (Grecia) : Cappella Ortodossa

Seguito degli Articoli dedicati a Tucidide. Per leggere i precedenti, in ordine temporale di pubblicazione, cliccare sui link seguenti
1)http://www.ilgrandeinquisitore.it/2020/03/la-peste-ad-atene-2/
2)http://www.ilgrandeinquisitore.it/2020/03/la-peste-ad-atene-ii/
3)http://www.ilgrandeinquisitore.it/2020/07/atene-e-mitilene/
4)http://www.ilgrandeinquisitore.it/2020/07/atene-mitilene-ii/
5)http://www.ilgrandeinquisitore.it/2020/08/atene-mitilene-iii/

Siracusa_e_il_Mediterraneo

Siracusa_e_il_Mediterraneo

I)   Nell’estate del 428 a.C., all’inizio del quarto anno della guerra del Peloponneso, gli Spartani e i loro alleati invadono l’Attica, mentre Atene è prostrata dagli effetti della peste e stremata dai costi crescenti della guerra .Quasi simultaneamente, Mitilene, la principale  πόλις dell’isola di Lesbo, membro autorevole e relativamente autonomo della Lega Delio-Attica, attraverso cui Atene esercita la propria egemonia, coglie l’occasione per defezionare e prendere il comando dell’isola. Gli Ateniesi non credono alla ribellione di Mitilene. Anzi – dice espressamente Tucidide – prevale in loro la voglia che non sia vera: «μεῖζον μέρος νέμοντες τῷ μὴ βούλεσθαι ἀληθῆ εἶναι» (III:3- 1).
I cittadini riuniti nell’ ἐκκλησία, per la prima volta (τότε πρῶτον;III:19-1) nella Storia di Atene, decidono  una tassazione straordinaria sulla proprietà, per sostenere le spese della guerra a Mitilene.
Inizia da qui la descrizione delle operazioni militari: dopo una serie di assedi e sortite dagli esiti mutevoli e dopo il fallimento dei velleitari tentativi spartani di aiutare Mitilene, l’arrivo dell’inverno isola i Mitilenesi, ormai bloccati per terra e per mare, finché, all’inizio della primavera, i Mitilenesi si ritrovano soli e senza viveri.  Saleto, inviato spartano nella πόλις, propone di armare il popolo per tentare un’ultima sortita. Ma la cosa non riesce, perché il δῆμος (popolo) si ribella e minaccia di consegnare la città agli Ateniesi. A quel punto anche il gruppo dirigente che aveva pianificato la defezione, per non restare escluso dalle trattative e pagare le inevitabili ritorsioni, aderisce alla resa: è siglato un accordo che congela ogni iniziativa ostile dell’esercito ateniese il tempo necessario affinché un’ambasceria di Mitilene raggiunga Atene insieme con i maggiori responsabili e prenda atto delle decisioni che sulla rivolta delibererà l’assemblea dei cittadini, cioè lo spazio della deliberazione politica deputato alla formazione del consenso e alla presa di decisione, dove le opinioni si confrontano attraverso pratiche discorsive regolate. Dei discorsi pronunciati e dell’andamento del dibattito, tuttavia, Tucidide nulla ci dice, se non l’esito finale: l’assemblea decreta non solo di mettere a morte i Mitilenesi arrestati e portati ad Atene, ma di uccidere anche tutti gli altri cittadini indistintamente e ridurre in schiavitù le donne e i fanciulli (III, 36, 2). Questa prima deliberazione (βούλευμα) è assunta in un’atmosfera che Tucidide intenzionalmente descrive condizionata da uno stato psicologico di eccitazione (τῆς ὁρμῆς) e da un forte sentimento di rabbia (ὑπὸ ὀργῆς) verso i ribelli. Dallo smarrimento iniziale e dissonante provato allo scoppio della rivolta gli Ateniesi passano ora ad una reazione concitata e caratterizzata da una velocità esecutiva (κατὰ τάχος), qui connotata negativamente, attraverso l’ordine inviato al generale ateniese Pachete di eseguire immediatamente la sentenza. Questa parte del racconto prepara il lettore al successivo ripensamento che appunto risponde al dilemma suscitato da questa prima deliberazione.

Spedizione di Atene contro Siracusa

Spedizione di Atene contro Siracusa

II)   Quanto alla diatriba fra Cleone e Diodoto, cioè se sia giusto riformare Leggi o Decisioni dell’ ἐκκλησία (μετάνοια) Aristotele scrive: “In generale tutti gli uomini cercano non ciò che è tradizionale ma ciò che è bene (ζητοῦσι δ’ ὅλως οὐ τὸ πάτριον ἀλλὰ τἀγαθὸν πάντες) […] per certi aspetti non è la scelta migliore mantenere immutabili le leggi scritte (οὐδὲ τοὺς γεγραμμένους ἐᾶν ἀκινήτους βέλτιον) […] da un certo punto di vista è evidente (φανερόν) che le leggi devono essere mutate (κινητέοι), ma da un altro punto di vista ancora il mutamento richiede molta cautela (εὐλάβεια) (“Politica”; 1269a:3-20).
Apparentemente, dunque, secondo Aristotele Cleone e Diodoto avevano entrambi ragione. Ma esaminando bene i fatti, il Filosofo si riferisce a “leggi scritte”, mentre nel caso raccontato da Tucidide si tratta di una deliberazione assembleare. Perciò dovrebbe aver ragione Diodoto! Ma Cleone non ha torto quando rimprovera la mutevolezza decisionale della ἐκκλησία. Inoltre, Cleone solleva un giusto problema di metodo: l’ ἐκκλησία deve decidere una sola volta, perché la decisione appartiene all’ργον, cioè alla prassi, mentre la μετάνοια (pentimento) appartiene al λόγος (pensiero). Modificare una decisione assunta, accettando la possibilità stessa della  μετάνοια significa rendere una deliberazione potenzialmente interminabile e manipolabile. Deliberare su un caso concreto impone una decisione rapida e univoca. Revocare una decisione è una contraddizione in termini, perché annulla il significato stesso di deliberazione, quindi una decisione deve essere per definizione “decisiva”, altrimenti si determina la paralisi del corpo sociale..
Tuttavia, Tucidide evidenzia la contraddizione di Cleone che aveva fatto approvare una decisione sbagliata. Dunque Tucidide si addentra nella Filosofia della Storia, e pone a confronto le due posizioni che contengono alcuni elementi di Logica (dunque veri), e altri di Retorica (non veri).
Cleone stigmatizza in maniera profetica quella che in termini moderni chiameremmo la  “ Fabbrica del Consenso”, quando si sofferma sulle gare oratorie che spesso si svolgono nella ἐκκλησία. La gente:
1) si appassiona come se fossero esercizi di retorica, e non discussioni assembleari, e quindi deliberative, su problemi spesso vitali per la πόλις;
2) concede o nega il proprio consenso in base alla capacità persuasiva dell’oratore, e non alla solidità e congruenza anche operativa  delle sue argomentazioni;
3) si appassiona come se si trattasse di una rappresentazione teatrale, sganciata da ogni legame con la realtà.
In linguaggio moderno, diremmo che Tucidide (attraverso Cleone) stigmatizza la “fabbrica del consenso”.
Cleone, in uno dei passi metodologicamente più originali del proprio intervento, condanna la “fabbrica del consenso” nella βουλή, e le pratiche manipolatorie e dilatorie ad essa collegate. Gli interventi-dice Cleone- erano vissuti come mere gare oratorie, in cui non era importante ciò che era detto, ma come  veniva detto, per cui il processo decisionale era ritenuto ininfluente a confronto dell’abilità e dell’astuzia dialettica dell’oratore.
In maniera profetica, Tucidide sembra descrivere la società della comunicazione mediatica: dibattiti su dibattiti in tutte le sedi e i contesti, dove molto spesso i partecipanti recitano un ruolo e, sulla stessa materia, fanno affermazioni contrastanti a distanza di pochi minuti. Spesso capita che Tizio ripeta la propria versione, a prescindere dal corso della discussione, e soprattutto dalla realtà storica.
Spesso, le posizioni sono a priori, per cui se Tizio aveva criticato il Personaggio pubblico X  per aver approvato/o non aver approvato un certo provvedimento, ripete la critica a distanza di tempo, anche se nel frattempo si è appreso che X aveva avuto ragione nel fare quella tal cosa. Come nel caso descritto da Tucidide/Cleone, così nel caso dell’attualità, prevale la ricerca del consenso, e non quella della Verità.

Santorini (Grecia)

Santorini (Grecia): Tramonto

III)  Diodoto si contrappone a Cleone sulle questioni di metodo deliberativo, di cui si è appena scritto, e sbaglia. Ma dice una cosa giusta: la vendetta deve essere proporzionata, perché se è indiscriminata è anche perdente. In particolare egli sostiene che è autolesionistico (per Atene) punire anche il δῆμος (popolo) che-opponendosi all’Oligarchia in Lesbo-aveva imposto di tornare proprio all’alleanza con Atene, nella Lega Delio-Attica.

Alessandro Magno  conquistatore

Alessandro Magno conquistatore

IV) Conclusioni:
1) Secondo Tucidide all’ἐκκλησία bisogna rivolgersi, dopo aver istruito bene il quesito da sottoporre. Altrimenti, avviene come nel caso presente dell’anno 428 a.C., quando l’ἐκκλησία viene chiamata a pronunciarsi sul caso “Mitilene” e vengono forniti solo elementi di valutazione retorica, e non razionale;
2) Tutto ciò comporta gravi conseguenze sul piano decisionale, perché prima il popolo viene indotto alla vendetta indiscriminata (Cleone) . Poi, attraverso altri elementi altrettanto retorici (Diodoto), il popolo viene indotto a credere che una decisione assembleare dell’ἐκκλησία possa essere revocata all’infinito. Cose entrambe non vere, anzi rischiose;
3) Tucidide, evidenzia i limiti di ciascuno dei due interventi, limiti derivanti dalla volontà di manipolare la volontà popolare (“fabbrica del consenso”), e non dalla volontà di informare il popolo, perché esso decida nella maniera migliore per la πόλις;
4) Profetico, rigoroso e severo: questo è Tucidide!

La Guerra del Peloponneso: III:37-48

La Guerra del Peloponneso: III:37-48

Fine

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *